Ubaldini Editore, Roma, 1973, pp.132
Questo testo è uno dei più letti e conosciuti tra i molti libri di J. Krishnamurti. Si tratta di una compilazione curata da Mary Lutyens, amica di tutta la vita e biografa di Krishnamurti, che, su sua richiesta, ha estratto i brani da discorsi tenuti nel periodo immediatamente precedente la prima pubblicazione, il 1969. Gli estratti sono stati ordinati in modo da rappresentare in modo coerente il pensiero del filosofo.
Il suo messaggio tende a portare l’ascoltatore a una condizione di dubbio radicale, dice: “Non richiedo la vostra fede, non pretendo di essere un’autorità. Non ho niente da insegnarvi, nessuna nuova filosofia, nessun nuovo sistema, nessuna nuova strada che conduca alla realtà o alla verità. Qualsiasi forma di autorità, specialmente nel campo del pensiero e della comprensione, è la cosa più distruttiva, più funesta. I capi distruggono i seguaci e i seguaci distruggono i capi. Dovete essere il vostro stesso maestro e il vostro stesso discepolo. Dovete mettere in dubbio tutto ciò che l’uomo ha accettato come prezioso e necessario.”
L’ultima pagina chiude con queste parole: “…non potete trovare alcuna verità senza passione […] date la mente, il cuore, i nervi, gli occhi, tutto il vostro essere per scoprire il modo di vivere, per vedere cosa realmente è e per andare al di là, e negare completamente, totalmente la vita che vivete adesso. Proprio nel negare ciò che è laido, brutale, nasce l’altro. E ancora non lo conoscerete mai. Un uomo che sa di essere in silenzio, di amare, non sa cosa sia l’amore o il silenzio.”
La negazione di ogni verità accettata per tradizione o per esperienza personale è la porta di un rinnovamento profondo e radicale, tanto sul piano individuale che su quello sociale.
Sembra un invito infinitamente lontano dall’uomo attuale, chiuso nel risorgere dei nazionalismi, nelle certezze di partito, negli odi etnici, in infinite divisioni generate dalla paura dell’altro e in un’ossessiva ricerca della sicurezza. Ma proprio per questo è significativo. Dovremmo mettere in dubbio molto, radicalmente, e scoprire così, forse, la capacità di essere umani, cioè generosi, leali, attenti e capaci di cura.